Cgil, Cisl e Uil trasporti che hanno unito i 40 mila addetti del gigante di Bezos - solo 9 mila diretti - di cui 19 mila driver. Chiedevano di rallentare i ritmi insostenibili post pandemia. Senza risposta
I sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti hanno proclamato per lunedì 22 marzo uno sciopero di tutta la filiera logistica e di distribuzione di Amazon in Italia, il primo del genere nel nostro Paese. Lo sciopero è stato deciso dopo che si è interrotta la trattativa per la contrattazione di secondo livello, cioè quella che riguarda la singola azienda su materie più pertinenti al suo lavoro. Sul tavolo della discussione c’erano l’analisi dei ritmi e dei carichi di lavoro, il corretto inquadramento del personale, l’orario degli autisti, ma anche una particolare indennità Covid: l’attività aziendale in presenza non si è mai fermata, anzi, è notevolmente cresciuta proprio a causa della pandemia.
In Spagna il governo ha presentato un progetto di legge per rendere i rider delle aziende di consegna lavoratori dipendenti e non più autonomi
A livello planetario, proprio la pandemia ha determinato un boom per Amazon: nel 2020 il gigante della logistica ha assunto 437.000 nuovi addetti arrivando a 1,2 milioni di persone. Nel terzo trimestre 2020 i ricavi per il colosso dell’e-commerce sono cresciuti del 197% e il fondatore Jeff Bezos ha visto il suo patrimonio aumentare tra marzo e ottobre da 113 a 192 miliardi di dollari. Sul fronte contrattuale Amazon proprio nell’anno del coronavirus aveva già avviato una politica di incentivi contrattuali. Ai dipendenti italiani nella busta paga di dicembre era stato riconosciuto un bonus di 300 euro lordi conseguenza dell’intensa attività legata al periodo natalizio»