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LA CROCIFISSIONE NELLA CRIPTA DI EPIFANIO

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La figura di Cristo sulla croce è il simbolo per eccellenza della Cristianità, ma la sua rappresentazione prima dell’anno Mille è rarissima.

A S. VINCENZO AL VOLTURNO SI CONSERVA L’AFFRESCO PIU’ ANTICO DELLA STORIA DELL’ARTE IN CUI E’ NUDA L’IMMAGINE DEL SALVATORE .

Sappiamo che queste pitture furono fatte fare intorno all’840. Alcuni anni prima della morte di Epifanio, abate dall’824 all’842, che li aveva commissionati e diretti.

Sulla parete che fronteggia l'abside degli Angeli vi è la Crocifissione, che è certamente uno dei tasselli più importanti per comprendere tutto il ciclo degli affreschi della cripta.

La composizione è sostanzialmente simmetrica. I bracci della croce sono esageratamente allargati in maniera da fare da fondale all'immagine di Cristo, che appare quasi essere disteso sul legno. Le mani dalle lunghe dita non sembrano sopportare il peso del corpo e conseguentemente le braccia sono allineate con la traversa orizzontale.

Il capo è lievemente reclinato e i lunghi capelli, divisi da una scriminatura centrale, scivolano sulla spalla sinistra. Del volto appena leggibile si riconoscono gli occhi socchiusi ed una rada barba. L'aureola, fortemente evidenziata da una cornice scura, è crucisegnata e sul piccolo braccio di sinistra sopravvive un’Omega. Il perizoma rossiccio è costituito da un grande panno annodato sull'anca sinistra che scende fino a coprire il ginocchio destro. I piedi divaricati non hanno alcun appoggio. Sul vertice della croce una tavola trasversale reca la scritta JHESUS CHRISTUS REX JUDEORUM.

A sinistra e a destra, al disopra dei bracci, sono rappresentati rispettivamente il sole oscurato e la luna che appare in conseguenza dell'eclissi, in sintonia con la narrazione evangelica di Marco (15:33): Ma venuta l'ora sesta, si fece buio su tutta la terra fino all'ora nona.

Sotto i bracci, a destra e sinistra, secondo la descrizione dell'evangelista prediletto da Cristo, sono la Madonna e lo stesso Giovanni: Gesù dunque, vedendo sua madre e lì presente il discepolo che egli amava, disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. Una lunga scritta orizzontale, divisa dalla croce, riporta il verso in latino: MULIER ECCE FILIUS TUUS, FILIUS ECCE MATER TUA (Giovanni 19:26).

La Madonna è interamente coperta dal maphorion rosso, comprese le mani che sono rivolte al Figlio. Un ampio pallio pieghettato copre invece la tunica ed il laticlavo dorato di S. Giovanni, che si porta la mano destra al viso in segno di spavento mentre regge, con la sinistra, il volume del suo vangelo.

Particolarmente efficace la voluta sproporzione tra l'immagine di Cristo e le altre, tendente ad esaltare il ruolo del personaggio principale attraverso un calcolato gigantismo della sua figura.

Ai piedi della croce, sulla sinistra, appare l'abate Epifanio, come è attestato dalla epigrafe in capitali classiche: DOM EPIPHANIUS ABB (Dominus Epiphanius Abbas). Il personaggio sembra anziano di età per la sottile barba ed i capelli bianchi. La vistosa tonsura e la casula rossa che copre la sua tunica bianca confermano la sua posizione presbiterale nell'ambito della organizzazione monastica ed il vistoso nimbo rettangolare che inquadra il suo capo attesta che egli fosse in vita al momento della realizzazione del suo ritratto. E' raffigurato in posizione inginocchiata, con le mani atteggiate ad un omaggio reverenziale verso i personaggi rappresentati nella parte soprastante. Anche in questa parte delle pitture il terreno su cui si svolge la scena è caratterizzato dalla presenza di papaveracee in tutto simili alle altre della cripta.

Sebbene la morte di Cristo sulla croce sia uno dei momenti centrali della rivelazione cristiana, composizioni pittoriche della crocifissione non sono particolarmente frequenti prima del Mille o comunque pochissime sono quelle pervenuteci. Per tutti i primi secoli della Chiesa non troviamo mai esempi di scene rievocative della Crocifissione. La prima che si conosca è quella scolpita sul legno della porta di S. Sabina a Roma che dovrebbe essere contemporanea all'edificazione della chiesa nei primi del V secolo, sebbene non si sia sicuri che rappresenti la morte di Cristo.

Tra le più antiche una miniatura siriaca del Vangelo di Rabbula, del 586, riporta Cristo tra i due ladroni ed ai suoi piedi, oltre i soldati, compaiono Maria e Giovanni. Un ampio mantello, il maphorion, copre anche le mani della Madonna. Cristo è coperto da un colobium, la lunga tunica senza maniche.

Una scena analoga si ritrova dipinta sul coperchio di una scatola lignea che contiene pietre della Terra Santa, di cui non si conosce la provenienza esatta, probabilmente dello stesso periodo di Epifanio, oggi al Museo Vaticano.

Il riferimento parietale più vicino è certamente quello della più volte richiamata chiesa di S. Maria Antiqua la cui datazione viene ricondotta alla metà dell’VIII secolo, all'epoca di papa Zaccaria. Anche in questo caso, diversamente da S. Vincenzo, Cristo è vestito di un colobium come quello che appare in un’icona sinaitica dello stesso periodo.

L’icona. in cui si definiscono con maggiore precisione i personaggi principali, si trova nel convento di S. Caterina sul Sinai. In questo caso le mani della Madonna sono scoperte.

Per quanto se ne sappia, la Crocifissione romana dovrebbe essere la più antica rappresentazione di quelle conosciute su affresco.

Subito dopo viene quella di S. Vincenzo al Volturno che sicuramente, però, è la più antica, tra quelle sopravvissute, che mostri il Cristo cinto dal perizoma in luogo della lunga tunica della tradizione siriaca.

Tra quello romano e quello vulturnense vi è, comunque, anche una sostanziale differenza nella trattazione delle immagini, sicché, pur ipotizzando per ambedue una ascendenza orientale, nel primo le figurazioni di Maria e Giovanni sono prive di qualsiasi spinta emotiva, quasi si tratti di tanti soggetti autonomi, nel secondo invece sono cariche di una forte espressività, evidenziata tra l'altro dall'inarcamento delle figure e dal movimentato panneggio delle vesti, legata al contesto drammatico in cui sono collocate.

Si deve saltare alla seconda metà del X secolo per ritrovare in Cappadocia, a Cavusin, una scena analoga su affresco dove, peraltro, la Madonna, che si presenta con il maphorion che le copre anche le mani, è straordinariamente simile a quella vulturnense.

La scena, così come è rappresentata, è fondamentale per comprendere alcuni degli aspetti apparentemente nascosti del ciclo pittorico e rappresenta una delle chiavi di lettura del complesso articolarsi di immagini. Vale la pena soffermarsi a considerare alcune circostanze per cercare di capire quale sia il problema interpretativo al quale il pittore ha cercato di dare una risposta. Prima di tutto va osservato che nella scena sono ritratti, tutti insieme, quattro personaggi che corrispondono a Cristo, a Maria, a Giovanni, a Epifanio.

Ma ciò che va considerato è il momento particolare della narrazione: quello in cui Cristo addita Giovanni e lo definisce figlio di Maria.

Nel quadro dottrinario cristiano tale affermazione assume una importanza fondamentale per tutta l'umanità per il fatto che vi si riconosce il testamento finale di Cristo che non abbandona coloro che lo hanno seguito sulla terra. Epifanio fa parte di questa umanità ed insieme a Giovanni si pone a ricevere l'attributo di figlio di Maria.

Tutto questo avviene mentre Epifanio è, consapevolmente, alla vigilia della sua morte.

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