Avviamo questo nostro giornale on line con tre video (che trovate sulla home o comunque scorrendo la pagina facebook) di altrettanti operai senza stipendio da tre mesi. E domani troverete, sempre sulla home e nella pagina social, altri tre video ai delegati sindacali di Cgil Cisl e Uil.
Non è casuale che gli operai nella loro prima uscita pubblica abbiano trovato noi davanti ai cancelli. Noi che, come diciamo nell' editoriale, vogliamo, vorremmo, dare voce a tutti.
La Sabino Esplodenti di Casalbordino è chiusa, perché è sotto sequestro: l' Autorità Giudiziaria sta facendo le indagini da quel maledetto 21 dicembre, in cui li dentro c' è stata un' esplosione, che ha causato la morte di tre operai, tra i quali Paolo, fratello del giovane che vedete e sentite in uno di questi nostri video.
Chi può volere che si faccia luce sulle cause e sulle responsabilità di un sinistro più di uno stretto congiunto (come il fratello)? Tutti vogliamo che la magistratura e la polizia giudiziaria incaricata faccia il suo corso. Ma tutti vogliamo, vorremmo, pure che queste 80 persone potessero prendere gli stipendi per fare la spesa, pagare il mutuo, comprare libri ai figli.
Cosa prevale tra il diritto al lavoro con le esigenze quotidiane degli operai e il diritto alla giustizia, con le esigenze dell' ordinamento, i suoi tempi e le garanzie degli indagati e delle stesse famiglie delle vittime?
La Costituzione non fa una scala gerarchica dei diritti, per quanto postula al primo articolo la fondatezza della nostra Repubblica sul lavoro.
E allora che fare? È come a Taranto dove sono in campo il diritto al lavoro e quello alla salute. Alla Sabino sono in campo il diritto al lavoro e quello alla giustizia.
Come se ne esce? Non lo sappiamo, ma confidiamo nello Stato complessivamente inteso, di cui sono parte integrante e coesiva tutte le Istituzioni giudiziarie, sindacali, politiche, previdenziali, giornalistiche, che, nel rispetto delle rispettive prerogative sapranno conciliare lavoro e giustizia.